Quanto più lungo è un percorso professionale e aziendale, tanto più numerose sono le parole chiave che ne scandiscono il suo cammino nel tempo. Termini frequenti, che ci si abitua a utilizzare e ascoltare perché entrano a far parte del lessico e del pensiero aziendale. Nella lunga storia di MAIRE, troviamo alcuni concetti ricorrenti che continuano a tratteggiare il profilo distintivo e manageriale di questa società: la visione imprenditoriale, la capacità di integrare intuizioni e competenze, l'importanza di acquisizioni strategiche (come non ricordare quelle di Fiat Engineering e di Tecnimont), la tutela del patrimonio industriale e ingegneristico italiano, la stabilità finanziaria e le performance in termini di fatturato, marginalità e risultati. Servono però ancora due parole: tenacia e coraggio.

Ora il quadro è completo per contestualizzare la rivoluzione "Unbox the Future" annunciata del Chairman e Founder Fabrizio Di Amato in occasione del Capital Markets Day 2023 di MAIRE, che si è svolto lo scorso 2 marzo, con la presentazione del piano strategico decennale, 2023-2032: «Sono davvero entusiasta oggi, perché stiamo entrando in una seconda vita del nostro Gruppo ed è un nuovo inizio per noi e per me – ha dichiarato il presidente Di Amato – Abbiamo costruito un player leader nell'ingegneria, mettendo insieme competenze e tecnologia con più di 100 anni di storia. Ora siamo attori chiave nella transizione energetica. E siamo pronti ad accelerare. Vogliamo utilizzare tutta la nostra esperienza per rispondere alle crescenti richieste del mercato con un nuovo approccio. Oggi iniziamo un nuovo viaggio».

Ecco che alla soglia dei 40 anni di un'attività imprenditoriale in costante evoluzione, Fabrizio Di Amato presenta la seconda vita della società che fondò a 18 anni, quando guidava un team di 20 dipendenti che si è trasformato oggi in un gruppo di 50 società presenti in 45 paesi: «Continuiamo a evolvere il nostro DNA, come gruppo. Siamo sempre più technology driven e vogliamo restituire valore alla nostra società. Ci aspettiamo grandi risultati per le nostre persone, i nostri azionisti e stakeholder». In questa nuova dimensione di MAIRE, le leve per realizzare gli obiettivi del piano passano attraverso le opportunità rappresentate dalla transizione energetica. L'ambizioso piano annunciato da Di Amato è quello di raddoppiare i numeri di MAIRE in 10 anni, sia per ciò che riguarda le persone occupate e sia portando i ricavi verso quota 7 miliardi da qui al 2033. In che modo? «Ci impegniamo ad aumentare significativamente la nostra redditività e sostenibilità – ha spiegato il Founder – Il nostro viaggio futuro sarà supportato da acquisizioni e crescita interna. Personalmente come imprenditore sento una grande responsabilità: quella di sostenere la trasformazione di cui il nostro pianeta ha bisogno in termini di ambiente e sviluppo. Per fare questo abbiamo incorporato la sostenibilità nella nostra attività. L'obiettivo è conseguirla in linea con i tre parametri: sociale, ambientale ed economica».

Una sostenibilità sociale, ambientale ed economica

È intorno al concetto di sostenibilità declinata in ogni aspetto che è racchiusa la strategia di MAIRE: la sostenibilità sociale che continua a mettere al centro di un percorso inclusivo e meritocratico le persone, in un flusso di energia giovane mescolata con competenze senior, e dove il numero di donne assunte cresce in ogni reparto. C'è poi la sostenibilità ambientale, che per MAIRE ha un nome e una data precisi MET ZERO 2030, ovvero l'impegno che l'azienda si è dato per raggiungere la neutralità carbonica. Come racconta Di Amato: «Lavoriamo per consentire ai nostri clienti di produrre gli stessi prodotti con materie prime diverse e ci impegniamo costantemente, con la nostra catena di fornitura, per assumere impegni comuni». A chiudere il nuovo circolo virtuoso è la sostenibilità economica, sulla cui importanza strategica il presidente è perentorio: «Rappresenta l'unico modo per crescere. In questo campo è richiesto un forte approccio innovativo e MAIRE è pronta con le sue soluzioni tecnologiche per la transizione energetica: una di queste è rappresentata dei carburanti sintetici».

Nella strada intrapresa dal Gruppo è stato previsto, oltre a un importante rebranding con un nuovo logo, anche un diverso assetto organizzativo, che supera la precedente visione e riorganizza l'azienda con due divisioni. «La Sustainable Technology Solutions amplierà il portafoglio tecnologico, anche grazie alla capacità del gruppo di co-investire in progetti sostenibili. Siamo già presenti nelle tecnologie dei biocarburanti, dei biopolimeri e polimeri biodegradabili, nel riciclo della plastica, nella cattura della CO2 e nell'idrogeno. La divisione potrà lavorare in tandem con l'altra unità, la Integrated E&C Solutions, che rappresenta la nostra storica capacità impiantistica. L'obiettivo è giocare il ruolo di global technology leader nella transizione energetica, puntando da una parte sulle soluzioni tecnologiche sostenibili e dall'altra sulla storica capacità ingegneristica e di costruzioni».

Riciclo dei rifiuti, esempio di tecnologia avanzata

Un ambito già operativo è quello della gestione dei rifiuti, che oggi possono essere utilizzati al 100% per produrre molecole o prodotti, riducendo complessivamente le emissioni di CO2. «Si parla molto di valorizzazione dei rifiuti – spiega Di Amato – La nostra tecnologia è all'avanguardia nell'estrarre idrogeno e carbonio dai rifiuti plastici e indifferenziati. Spesso è una questione di comunicazione, vanno spiegati i vantaggi di queste nuove tecnologie. I rifiuti che oggi non possono essere riciclati altro non sono che materiale composto da carbonio e idrogeno. Gli stessi mattoni che formano gli idrocarburi. Noi con i nostri processi li recuperiamo e li ricomponiamo senza emissioni. Nel "waste to chemical" MAIRE ha lanciato dieci iniziative nel Paese e abbiamo già molti partner, finanziari e industriali, alcuni nel ruolo di fornitori della materia prima o di acquirenti del prodotto finito».

In quest'ottica MAIRE ha messo a punto una tecnologia avanzata che non incenerisce i rifiuti, ma dagli scarti estrae un gas di sintesi che può essere usato per ridurre l'impatto carbonico delle acciaierie, per realizzare prodotti chimici fondamentali per l'industria o per ottenere idrogeno ed etanolo, alternative più sostenibili per la mobilità. E così, mentre si riduce complessivamente la CO2 emessa, lo scarto che rimane (un 10% di materiale inerte) è utilizzabile nelle coibentazioni dell'edilizia o nell'asfalto stradale. «Solo il Lazio – aggiunge Di Amato – produce alcune centinaia di migliaia di tonnellate di indifferenziata all'anno: con uno dei nostri impianti potremmo mandare avanti tutta la mobilità pubblica di Roma. Mentre i distretti circolari verdi, che riciclano i rifiuti plastici e trattano quelli indifferenziati per ricavarne carbonio e idrogeno, possono trovare sede in aree industriali dismesse o in via di abbandono come, ad esempio, le centrali a carbone. Fatti i dovuti calcoli, con questo tipo di impianti si potrebbero recuperare dai 16 milioni di rifiuti – che ogni anno vanno in discarica a livello nazionale – fino a 1,6 milioni di tonnellate di idrogeno, che equivale al 20% di quello che oggi si consuma in Europa. Insomma l'Italia, facendo lavorare la filiera e stringendo partnership con industria e finanza, potrebbe diventare un hub di idrogeno autoprodotto».

A proposito di idrogeno e rifiuti della Capitale, sono iniziati gli studi di ingegneria e l'iter autorizzativo dell'impianto waste-to-hydrogen, che costituirà la prima Hydrogen Valley d'Italia per lo sviluppo della filiera nazionale dell'idrogeno. Realizzato entro il 2027 da NextChem, l'impianto sorgerà a Roma su una superficie di circa 8 ettari. «Grazie a questo incubatore tecnologico su scala industriale – conclude il presidente di MAIRE – saremo in grado di convertire 200mila tonnellate l'anno di rifiuti, producendo fino a 20mila tonnellate l'anno di idrogeno a basse emissioni. Una quantità sufficiente a far circolare per un anno tutti gli autobus in servizio nella Capitale».