Unire arte, bellezza e sostenibilità ambientale. È questo l’obiettivo a cui risponde “Second Life: tutto torna”, il concorso proposto da Alia Servizi Ambientali - multiutility toscana attiva nei settori di ambiente ed energia- e di cui la Fondazione MAIRE è main partner per valorizzare e premiare le opere di giovani artisti che scelgono di interrogare la loro vena creativa sul rapporto con la sostenibilità, uno dei valori di massima attenzione del nostro tempo.

Circa cento gli artisti italiani, tutti al di sotto dei ventinove anni di età, che si sono misurati sulla visione di sostenibilità indicata dall’Agenda Onu: “soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura”.

Le opere finaliste, selezionate da una qualificata giuria composta dai rappresentanti delle principali istituzioni culturali toscane, permettono di riflettere attraverso l’arte sull’importanza dei gesti quotidiani per tutelare l’ambiente e dare una seconda vita alla materia, osservando la regola delle 4R: Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero. Temi al centro non solo degli obiettivi di sostenibilità ma anche della strategia industriale del Gruppo MAIRE, attivo nello sviluppo e implementazione di tecnologie e servizi integrati di ingegneria per la transizione energetica. In sinergia, arte e ingegneria umanista possono coesistere nello stesso binomio nel segno di un obiettivo comune: porre al centro il futuro sostenibile del Pianeta.

La Fondazione MAIRE promuove la diffusione di contenuti scientifici e studi socio-economici e la creazione di un centro di eccellenza per lo sviluppo delle competenze valorizzando il patrimonio storico del gruppo, utilizzando l'arte e la cultura come mezzo di comunicazione e networking, supportando e sostenendo iniziative e progetti educativi in collaborazione con le università e a beneficio delle comunità locali.

Ecco perché, anche quest’anno, la Fondazione ha voluto sostenere per il secondo anno consecutivo il concorso “Second life: tutto torna”, la cui mostra finale si è tenuta proprio presso la sede della Fondazione MAIRE lo scorso 20 settembre a Roma.

Tra le opere finaliste, la Fondazione MAIRE ha selezionato per la menzione speciale l’opera di Federico Ferroni “Decay”, realizzata su lastre di ferro che – come recita la motivazione dell’opera - “con una solidità materica d’impatto ben rappresenta la visione globale, l’urgenza di un intervento per la sostenibilità e la valorizzazione dei materiali di recupero, così vicini all’agire della Fondazione Maire Tecnimont”.

“Ho realizzato la mia opera per via di un’urgenza comunicativa – racconta a Evolve Federico Ferroni, a cui è stata assegnata la menzione speciale dalla Fondazione MAIRE – si tratta di un’opera di denuncia che ho creato da pezzi di lamiera abbondanti e ritrovati nella zona industriale della mia città, Ravenna”.

In perfetta continuità con l’approccio circolare del concorso, infatti, il recupero delle materie è centrale nell’opera di Ferroni: “ho rilavorato i pezzi di lamiera rimuovendone l’ossidazione, in modo da creare un'immagine che fosse una contrapposizione delle famosissime immagini dei rilievi satellitari del nostro pianeta di notte” continua l’artista.

L’immagine che ne risulta è chiara è di grande impatto: “le numerose foto satellitari del nostro Pianeta durante le fasi notturne mettono in evidenza i punti luminosi generati dai centri abitati, in grado di suscitare un forte senso di appartenenza e intima meraviglia. Quest’opera vuole essere una controparte di quelle immagini, un oggetto che narra dell’enorme prezzo da pagare dietro alla magnificenza delle ambiziose opere di urbanizzazione nelle quali la nostra specie si è cimentata dopo la seconda rivoluzione industriale” spiega Ferroni.

In modo evocativo ed efficace, “Decay” è un’opera che – come racconta l’autore – “non vuole essere a priori contro il progresso ma vuole cercare per quanto possibile di spargere consapevolezza sul tema dello sviluppo sostenibile: può essere possibile solo se abbracciamo i fatti, ovvero riconoscere che non possiamo vivere come abbiamo sempre vissuto. Occorre un cambiamento quotidiano che possa costruire concretamente la sostenibilità.

Un messaggio in linea con la scelta dei materiali e delle tecniche di realizzazione: “ho utilizzato il ferro perché è il materiale più presente nel nostro pianeta e l'ossidazione l’ho scelta perché di solito rappresenta una contaminazione, è una metafora degli insediamenti umani più avanzati e non vuole rappresentar una critica al progresso tecnologico ma all’incapacità che stiamo dimostrando nel gestirlo”.

Attraverso la sua opera di denuncia Ferroni punta a mobilitare il cambiamento attraverso l’arte e “Second Life” rappresenta un utile trampolino di lancio per farlo: “la speranza della mia realizzazione artistica è che il deterioramento imperversi solo su questo planisfero e che l’empatia e la ragione ci diano la consapevolezza necessaria a controllare i nostri più beceri istinti. Sono molto grato a questo contest perché secondo me è giusto divulgare un tipo di consapevolezza ambientalista non solo con la scienza. Ma anche attraverso l'arte e la poesia”. Un approccio condiviso dalla Fondazione MAIRE che, all’ingegneria, unisce il potere dell’arte di parlare a tutti.