La crescita accelerata degli Emirati Arabi Uniti ha portato a grandi cambiamenti non solo nel Paese, ma anche nelle modalità di gestione dei progetti che vedono Maire Tecnimont sempre più protagonista in Medio-Oriente. «Grazie a un gioco di squadra – ci spiega Massimo Sicari, MIDDLE EAST REGION VICE PRESIDENT – che si fonda sul valore della complementarietà».


A volte si creano simbiosi perfette non solo nel mondo naturale, ma anche a livello professionale, progettuale e di visione del futuro. Può accadere che la crescita di un’azienda vada di pari passo con lo sviluppo del Paese nel quale essa opera, anche nel caso di una trasformazione vivace, profonda e continua. Questa è la storia che lega Maire Tecnimont agli Emirati Arabi Uniti, un Paese del Medio-Oriente dove l’azienda opera da trent’anni: bisogna subito precisare che si è trattato di tre decenni strategicamente fondamentali per la crescita di un Paese che ha appena compiuto mezzo secolo, e che nel corso della sua breve vita è riuscito ad affermarsi come tra i più ricchi del mondo, pur avendo un’estensione territoriale ridotta (83.600 chilometri quadrati) e una popolazione che neanche arriva a 10 milioni di abitanti. Come è riuscito lo Stato arabo in quest’impresa? Che cosa è cambiato nel corso del tempo? E che ruolo ha avuto Maire Tecnimont?

La capacità di visione di un Paese giovane, ricco e determinato

Ci aiuta a rispondere a questi interrogativi, Massimo Sicari, Middle East Region Vice President. Balza agli occhi di chi vive e lavora da trent’anni a quelle latitudini, quanto gli Emirati Arabi Uniti siano cambiati dal punto di vista morfologico e industriale: «Negli anni Novanta la preoccupazione principale era garantire l’elettricità e l’acqua e si procedeva alla costruzione di impianti di dissalazione. Tutta la sfavillante zona di Dubai Marina non esisteva, in mezzo al deserto c’era solo una strada a due corsie che collegava la città alla capitale Abu Dhabi. Oggi si viaggia su strade a sei corsie che attraversano grattacieli progettati da archistar, negozi di alta moda e quartieri residenziali». Sicari si sofferma sull’importanza di un altro aspetto: «Il cambiamento industriale è stato altrettanto veloce, guidato da una classe dirigente illuminata che ha investito nell’Oil&Gas con un approccio vincente basato su tre step: coinvolgere i maggiori player internazionali del settore, affidarsi alla loro migliore tecnologia e impossessarsi del know-how tecnologico. Altro dato importante: oggi la nuova classe dirigente emiratina è formata da manager di massimo 45-50 anni molto preparati, che hanno studiato nelle più prestigiose università americane ed europee grazie alle borse di studio messe a disposizione dallo Stato».

Ma non finisce qui. La visione del futuro e la capacità di guardare oltre hanno spinto gli Emirati a diversificare il prodotto interno lordo, riducendo la dipendenza dal petrolio: ecco spiegata la decisione di sviluppare anche il commercio e il turismo. E infatti, il porto di Dubai è oggi il più grande porto turistico del mondo, un importante hub commerciale di traffici internazionali e il punto d’approdo della città simbolo del luxury travel. Obiettivo di nuovo raggiunto

Un approccio vincente


Nel racconto di Sicari quello che colpisce è la capacità di questo Paese di affrontare qualsiasi nuova sfida con un costante impegno ai massimi livelli: anche in un settore come quello delle rinnovabili (per nulla legato alla ricchezza generata dal petrolio negli Emirati Arabi Uniti), si contano cospicui investimenti nell’ammonia blu e verde, nell’idrogeno blu e soprattutto nel solare e nell’eolico. «E l’approccio – ci conferma il Middle East Region Vice President – è sempre lo stesso: si coinvolgono i maggiori player del settore, in questo caso nel campo delle fonti rinnovabili, si sovvenzionano studi e ricerche che servono a far progredire l’intero settore a livello mondiale, si realizzano progetti avveniristici come Masdar City, chiamata “la città del futuro”, si costruiscono prototipi e modelli avanzati nell’ambito green». Di nuovo, tutto di qualità eccellente.

Trent’anni di lavoro performante


È ovvio che lavorare in un contesto simile sia particolarmente motivante e avvincente, ma c’è il risvolto della medaglia: per essere scelti tra decine di top competitor mondiali, bisogna dimostrare il proprio valore e la propria competenza in modo costante. E Maire Tecnimont ha ottenuto recentemente la conferma dell’apprezzamento del proprio lavoro trentennale negli Emirati, aggiudicandosi in esclusiva il progetto “Borouge 4”, per un valore complessivo di 3,5 miliardi di dollari. Una lunga storia iniziata per il Gruppo negli anni ’90 con la costruzione di uno dei più grandi complessi petrolchimici del mondo, il “Borouge 1” a Ruwais, che oggi prosegue con la guida della quarta fase di espansione dell’impianto, dopo aver partecipato agli stadi intermedi di ampliamento “Borouge 2” nel 2007 e “Borouge 3” nel 2010. «Un risultato che arriva grazie a un rapporto di fiducia e stima che proprio nel periodo più difficile e critico dell’emergenza sanitaria si è consolidato», commenta Sicari, che spiega: «Gli Emirati Arabi Uniti hanno garantito la possibilità di operare sempre in sicurezza nell’area industriale, attraverso una tempestiva campagna vaccinale e all’esecuzione puntuale di tamponi: in questo modo le attività non si sono mai fermate, il lavoro è stato svolto con continuità e nel pieno rispetto dei tempi di consegna, proprio mentre la crisi pandemica stava immobilizzando il resto del mondo». In parallelo alla crescita del complesso petrolchimico di Borouge, Maire Tecnimont ha realizzato altri progetti fondamentali per lo sviluppo del Paese: nel 2009 la costruzione del GASCO IGD Habshan 5, il più grande impianto di trattamento del gas negli Emirati Arabi Uniti realizzato in joint venture con la giapponese JGC (una commessa da 4,7 miliardi di dollari) e nel 2011, nel settore delle infrastrutture, la realizzazione della Etihad Rail, la prima rete ferroviaria del Paese che attraversa il deserto per 260 chilometri e serve al trasporto di 7 milioni di tonnellate all’anno di zolfo granulare.

In chiusura, per lavorare in un contesto così performante Massimo Sicari fa riferimento al valore della complementarietà: «Per Maire Tecnimont questo significa garantire sempre un gioco di squadra nel quale mettere a disposizione le tecnologie relative all’ingegneria di processo, al flusso di materiali e alle filiere di acquisto: sapendo di poter contare sull’esperienza maturata dagli Emirati Arabi Uniti nell’esercizio diretto degli impianti nel Paese». Solo lavorando insieme, come un team affiatato, si può scrivere una storia lunga tre decenni.

I NOSTRI PROGETTI IN MEDIO ORIENT

Oltre che negli Emirati Arabi Uniti, la presenza di Maire Tecnimont nel Medio Oriente è radicata sia in Arabia Saudita, dove il Gruppo ha realizzato importanti progetti a partire dal 1990, e sia in Oman, dove ha svolto diverse attività investendo anche in progetti a favore del territorio, per creare valore nelle comunità locali. I risultati ottenuti hanno creato ricadute positive per i territori, venendo incontro alle aspettative delle popolazioni residenti e promuovendo iniziative di sostenibilità concreta. Progetti importanti sono stati realizzati negli anni anche in Kuwait e Qatar.

Arabia Saudita

  • ADVANCE POLYOLEFINS COMPANY: PP Plant che prevede la realizzazione su base EPC di due linee di Polipropilene con una capacità di 400mila tonnellate all’anno ciascuna, situate all’interno del complesso integrato PDH-PP a Jubail Industrial City II.
  • PETRORABIGH: Clean fuel e Sulfur Recovery Unit, che consiste nell’esecuzione su base EPC di una nuova unità di idrotrattamento nafta, una nuova unità di recupero zolfo, oltre ai lavori di interconnessione.

Oman

  • Costruzione di una parte del nuovo complesso Liwa Plastic Industries Complex (LPIC), precisamente dell’unità di produzione polimeri – impianto di Polietilene e dell’impianto di polipropilene.
  • Come attività di Corporate Social Responsibility, si è proceduto al recupero della spiaggia di Carawan nel 2017 e riqualificazione di un tratto di costa che ha consentito ai residenti di riappropriarsi del Carawan Sea Shore. A questa opera a favore della comunità locale, è seguita nel 2018 la costruzione di un ponte che collega le due parti del villaggio attraversato dal Wadi Hala’El Bani Ghaith (“wadi” in arabo significa fiume), prima di fatto isolate tra loro durante la stagione delle piogge. Sono state anche realizzate una serie di opere urbanistiche presso il centro culturale di Liwa, quali aree verdi, illuminazione, parcheggi e strade di accesso.