La chimica è a monte di numerose filiere manifatturiere e, come tale, rappresenta un “barometro” per l’economia mondiale. I Paesi emergenti, nei quali prevale la produzione di feedstock e prodotti chimici semplici a elevato volume di produzione e basso valore aggiunto, solo dieci anni fa pesavano per un terzo della produzione mondiale e detengono oggi una quota del 65%. I nuovi equilibri mondiali di domanda e offerta, ma anche i rischi politici e ambientali, preannunciano “la fine di qualcosa” nel settore, che si ritroverà a fronteggiare profondi cambiamenti nei prossimi anni.

Questo in sintesi è quanto emerge da “The end of something”, il nuovo Focus on dell’Ufficio Studi di SACE (Gruppo CDP), pubblicato a fine dicembre 2018, con il contributo di Maire Tecnimont ed Eurochem. A finire sotto la lente di ingrandimento, stavolta, è l’export italiano nel settore petrolchimico, dove i nuovi equilibri mondiali di domanda e offerta, ma anche i rischi politici e ambientali, preannunciano, per l’appunto, “la fine di qualcosa”.

Nonostante l’industria chimica e petrolchimica italiana si sia molto ridimensionata negli ultimi anni, il nostro Paese mantiene un settore di ingegneria e di costruzione di primo livello che compete con successo su tutti i mercati internazionali. Tra le imprese del settore, spesso ostacolate dal limite dimensionale, si diffonde sempre più la consapevolezza che l’approccio di sistema è vincente di fronte alle sfide internazionali. Storicamente trovarsi al “posto giusto”, ovvero in prossimità di materie prime a basso costo, ha rappresentato garanzia di successo nel settore. Tuttavia, le opportunità d’investimento basate sul vantaggio da feedstock diventeranno sempre più limitate nel medio e lungo periodo e le imprese petrolchimiche mondiali dovranno guardare oltre la mera “fortuna geografica” e implementare approcci alla crescita più strategici.

Molte economie emergenti, in particolare la Cina, si sposteranno gradualmente verso uno stadio di maturità dei consumi, più orientati verso servizi e prodotti ad alto valore aggiunto, causando un rallentamento della domanda globale di petrolchimici di base. L’offerta dovrà dunque riposizionarsi per rispondere a questa nuova sfida, puntando sull’innovazione e scoprendo nuove nicchie di mercato. E rivivendo così l’originario successo dell’industria petrolchimica basato sull’abilità di inventare nuove e più efficienti soluzioni in sostituzione dei materiali tradizionali (carta, vetro e metallo).


Impiantistica industriale per il petrolchimico: quando la filiera funziona 

In questo quadro, va evidenziato come l’industria chimica si posizioni tra i settori della nostra economia che meglio hanno saputo resistere e reinventarsi dopo la crisi del 2008, uscendo in molti casi persino rafforzata nella competizione internazionale. L’Italia, infatti, non solo è il terzo produttore chimico europeo dopo Germania e Francia – con la chimica che si conferma il terzo settore di esportazione dopo meccanica e mezzi di trasporto – ma è il quarto per incremento della quota settoriale sul valore aggiunto dell’industria italiana (+0,6 punti percentuali tra il 2007 e il 2015). 

Grazie dunque a un approccio di sistema che, a dispetto delle piccole dimensioni, risulta vittorioso in ottica internazionale, il settore dei grandi contrattisti (che con la chimica condivide le principali dinamiche di domanda e offerta: quello dell’ingegneria e dell’impiantistica) farà sempre più leva su posizioni di avanguardia tecnologica e sulla qualità di produzioni ad alta specializzazione, a servizio dei clienti mondiali. 

Dopo le difficoltà negli anni scorsi (riconducibili, tuttavia, principalmente alla progettistica per l’oil & gas), le prospettive restano promettenti: il 2018-19 viene visto con ottimismo dai rappresentanti delle aziende, in particolare sui mercati esteri. Medio Oriente, Asia e Africa Subsahariana sono le aree in cui la fiducia sulla crescita è più sentita; maggiore prudenza o pessimismo, invece, sulle aspettative di sviluppo dell’America Latina e del mercato nazionale.

Per il futuro, il settore petrolchimico presenta interessanti opportunità di nuovi investimenti negli Stati Uniti e in Canada, trainate dal basso costo del feedstock (shale gas e derivati), in molti Paesi del Medio Oriente, in Russia e CSI, in Nord Africa (Egitto e Algeria) e in Asia (India, Thailandia, Malaysia, Indonesia e Vietnam), grazie al traino dello sviluppo demografico; nuove interessanti iniziative anche in Europa (Belgio, Francia, Polonia, Turchia).

Va ricordato che da oltre un anno, il Gruppo Maire Tecnimont ha avviato il progetto Seenergy dedicato ai key supplier, il cui obiettivo è, tra gli altri, condividere e sviluppare un nuovo modo per competere imprenditorialmente, facendo leva sulle sinergie e sul valore aggiunto che la cooperazione industriale è in grado di creare. Tra gli obiettivi di scenario industriale c’è la necessità di investire in innovazione per mantenere la competitività, così come l’attenzione alle tematiche ambientali. In un mercato, non dimentichiamolo, che si sposta sempre più a sud e a est del mondo, con conseguente aumento della complessità dei progetti.