Per capire a fondo cosa significhi lavorare in Africa, iniziamo con il dire ciò che rende commercialmente questo continente diverso dagli altri. L’Africa è un continente enorme, variegato e disomogeneo. Ogni Paese ha un sistema politico diverso, regole e abitudini differenti, modi di lavorare eterogenei. Anche analizzando una sola zona africana, in questo caso quella subsahariana, si scoprono tante Afriche diverse, seppur confinanti: c’è la parte sud-occidentale ricca di idrocarburi e quella orientale che invece ne è priva e che punta sullo sviluppo delle rinnovabili. In breve, l’Africa non fa sistema a differenza dell’Europa e dell’America


Lavorare in un contesto così complesso richiede prima di tutto profonda conoscenza delle specifiche peculiarità di ogni Paese, a partire  dalle Local Content Law, una forte capacità di adattamento e uno spiccato spirito imprenditoriale in grado di cogliere le diverse opportunità di business che ogni territorio offre apprezzandone anche i relativi rischi. Ad accompagnarci in questo viaggio complesso nella cultura e practice imprenditoriale sviluppata da Maire Tecnimont nell’Africa Subsahariana è Davide Pelizzola, Vice President per la Regione Africa Sub Saharan. La sua esperienza in questi territori parte da lontano: se infatti dal 2014 opera a queste latitudini per Maire Tecnimont, la prima conoscenza del Continente risale al 1990 quando per Snamprogetti entra in alcuni team di progetto in Nigeria. Poi gira il mondo: Pakistan, Medio-Oriente, Norvegia, America e Brasile. L’aereo atterra di nuovo nel 2007 in Africa con Saipem: ancora Nigeria, poi Angola e Mozambico. Ed ecco che con Maire Tecnimont nel 2013 ritorna in Nigeria dove – ci tiene ad assicurare – si vive e si lavora bene.

Downstream e gas monetization

Grazie alla profonda conoscenza delle dinamiche presenti in Africa, Pelizzola spiega l’importanza del ruolo svolto da Maire Tecnimont nella promozione e sviluppo del business in Nigeria, nazione che conta 200 milioni di abitanti: «Qui siamo impegnati essenzialmente nel trasferire know-how sul downstream e portare così il Paese a essere trasformatore in loco di ciò che possiede in abbondanza, ovvero le risorse del sottosuolo». L’obiettivo dell’attività di Maire Tecnimont è di partire dalla consolidata tradizione nigeriana nell’upstream per formare imprenditori che operino su tutta la catena industriale del valore.


«La Nigeria rappresenta un paradosso – sottolinea Pelizzola –. Pur essendo il primo produttore di oil & gas nell’Africa subsahariana, e il quarto o quinto nel mondo, ha lasciato cadere in disuso tre raffinerie realizzate 40 anni fa, impianti che garantivano una capacità nominale di 450mila barili al giorno di raffinazione. Oggi la Nigeria, a causa di questa scelta che possiamo definire poco lungimirante, si ritrova a essere un importatore di prodotti raffinati: di fatto, esporta il petrolio grezzo per poi re-importarlo raffinato».


Una contraddizione emersa ancor di più nella recente crisi petrolifera, quando la Nigeria ha subìto maggiori perdite rispetto ad altri Paesi produttori di oil & gas, come la Russia o gli Emirati Arabi. Il motivo? Questi Paesi avevano sviluppato, negli anni passati, un downstream molto esteso, che ha consentito – in presenza di risorse a basso prezzo – di massimizzare il margine sul downstream in ottica di gas monetization.

La Nigeria ha costruito invece un’economia monoreddito, basata sulla produzione e sull’esportazione di petrolio grezzo: un modello particolarmente sensibile che la espone alla fluttuazione dei mercati. «Proprio nell’ambito di questo solco, in questo gap di skills e strutture – spiega Pelizzola – si inserisce l’eccellenza ingegneristica di Maire Tecnimont. Portando competenze e presentando case study, rendiamo consapevoli i referenti locali del valore rappresentato dallo sviluppo del downstream, la cosiddetta gas monetization, attuabile solo con impianti di trasformazione in loco. Per stimolare la crescita del sistema produttivo nazionale e il potenziamento del suo indotto di servizi, la visione imprenditoriale di Maire Tecnimont – la nostra cultura del progetto e delle sue potenzialità – in Nigeria diventa fondamentale».


Su queste basi nasce l’ultima aggiudicazione ottenuta dal nostro Gruppo. Rimettere in operatività la raffineria di Port Harcourt (commessa di circa 1.500 milioni di dollari). Il progetto consiste nella riabilitazione totale e completa delle due raffinerie per ripristinare il 90% della capacità nominale (circa 210mila barili al giorno).


«Questo contratto – precisa Pelizzola – chiarisce come sia diverso lavorare in Africa rispetto a realtà più strutturate. Il progetto non esisteva, non è nato da una proposta delle parti interessate o dalle istituzioni centrali: è Maire Tecnimont ad averne costruito le fondamenta, supportando e assistendo il cliente in tutte le varie fasi, compresa la ricerca e il contatto con i finanziatori. Con questo progetto abbiamo trasmesso la consapevolezza di come si possono realizzare forme di investimento complesse e intelligenti, senza impiegare soldi pubblici, semplicemente ripristinando strutture industriali già presenti nel Paese. Il progetto è diventato un case study per l’ARA (African Refinery Association), che vorrebbe, ove ci fossero le condizioni, replicare. E mentre i nostri colleghi stanno iniziando la mobilization per il progetto di Port Harcourt, noi stiamo già lavorando su altre iniziative commerciali relative a raffinerie, petrolchimici e fertilizzanti su cui contiamo di avere aggiornamenti a breve».

Per Maire Tecnimont l’Africa Sub Sahariana non è solo Nigeria. Grazie all’imprenditorialità e alla caparbietà dei colleghi di KT, il Gruppo è presente anche in Costa d’Avorio, dove è stata selezionata come licensor/tecnology provider, training e assistenza tecnica per la desulforizzazione di tre unità della raffineria SIR: l’obiettivo è produrre carburanti in accordo con le specifiche internazionali. In Camerun invece ci occuperemo dell’upgrade della raffineria SONARA, mentre in Angola installeremo nuove unità di processo per la raffineria SONAREF.

Ammonia green e lo sviluppo delle rinnovabili

Mentre in Sud Africa stiamo lavorando con Siemens Energy, NextChem e Met Development per realizzare progetti green (idrogeno e ammonia), il valore della cultura e dell’esperienza imprenditoriale di Maire Tecnimont si misura anche in termini di flessibilità. Ossia nella capacità di saper lavorare e creare business nel settore delle rinnovabili: sia in Paesi con forte disponibilità di idrocarburi come in Nigeria, Angola, Camerun e Costa d’Avorio, sia in Paesi che ne sono privi, come, ad esempio, nel Kenya ricco di geotermico, dove più del 25% della popolazione vive senza elettricità, mentre soltanto il 50% possiede una fornitura regolare. Questa indisponibilità dipende dalla morfologia del Paese, vastissimo e difficile da attraversare, laddove l’installazione di cavi elettrici e la distribuzione di energia nei villaggi – possibile solo con linee che coprono distanze infinite – si rivela un’impresa complessa, con aumento dei costi finali per le famiglie. Per agevolare dunque l’accessibilità all’energia elettrica, Maire Tecnimont ha messo in atto soluzioni che ottimizzano e rendono più competitivi gli investimenti, andando a utilizzare lo sviluppo delle rinnovabili.


«L’extra-produzione di power, che finora ha rappresentato un costo e che gravava sullo Stato, può essere utilizzato per lo sviluppo delle rinnovabili – precisa Pelizzola – In questo modo si associa alla produzione di energia elettrica per consumo civile una produzione di sviluppo industriale che assorbe la parte di extra-costi, rendendo più competitivi e accessibili i prezzi per le famiglie».


Da costo a nuova opportunità di business per il Paese. Parliamo del progetto targato Maire Tecnimont per realizzare un impianto finalizzato a produrre nitrati a bassa intensità di carbonio, primo al mondo su scala industriale alimentato da energia rinnovabile. La struttura – un ulteriore passo per industrializzare la produzione di fertilizzanti sostenibili con il lancio della tecnologia Green Ammonia – sorgerà presso il Parco Industriale Oserian Two Lakes sulle rive meridionali del lago Naivasha, cento chilometri a nord di Nairobi. L’iniziativa consentirà al Paese di sviluppare il mercato della produzione di ammoniaca verde. Utilizzando l’eccesso di watt e creando una filiera legata alla produzione di fertilizzanti, il governo risparmia sui costi di importazione, trasformando un costo energetico in una fonte di reddito.


Il Kenya diventa così un osservato speciale da parte degli addetti ai lavori internazionali, in quanto l’ammonia non è importante solo nel settore dei fertilizzanti green, ma anche come nuovo carburante ecologico per il trasporto marittimo. Facile da stoccare (a differenza del Liquid Gas), è immediatamente pronta per l’uso e quindi molto meno costosa anche rispetto all’idrogeno. Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo