La crisi del Covid-19 ha causato una diminuzione della domanda di quasi tutte le fonti (soprattutto carbone, petrolio e gas) e delle emissioni di CO2. Solo le energie rinnovabili hanno resistito all’onda d’urto. Secondo le sue previsioni, come si stabilirà la domanda nei prossimi anni? E le emissioni di CO2?


L’impatto del Covid-19 non può essere trascurato. La domanda energetica globale è destinata a diminuire del 5% quest’anno. Per contestualizzare, è sette volte più grande del declino di un decennio fa in seguito alla crisi finanziaria globale. Questo è il risultato di un crollo significativo dell’economia globale, oltre che delle misure attuate per rallentare/frenare l’epidemia del virus: misure che hanno colpito anche settori che consumano energia, come quello della mobilità. Le emissioni sono destinate a diminuire proporzionalmente nel 2020, ma non c’è nulla da festeggiare su questo punto, poiché è il risultato di un enorme “shock” sanitario ed economico e non di buone politiche volte a cambiare traiettoria nelle nostre tendenze di sostenibilità. Guardando al futuro, la domanda di energia e la traiettoria delle emissioni dipenderanno da due aspetti principali: a) durata e gravità e della pandemia e b) quali politiche e misure i governi attueranno per alimentare la ripresa globale. Le esperienze passate ci hanno dimostrato che, in assenza di politiche serie e profonde, riprenderemo la tendenza precedente in termini di emissioni e di consumi energetici non appena il mondo uscirà dall’attuale crisi. A tale proposito, la pandemia offre una “finestra di opportunità” per ripensare il nostro modello di sviluppo in un approccio più rispettoso verso l’ambiente.

Diversi osservatori hanno paragonato la crisi del Covid-19 a quella del petrolio del 1973. Il declino economico ricorda la Grande Depressione degli anni Trenta. Esaminando il settore energetico nel suo complesso, quali sono gli elementi di resilienza che avete notato?

Non vedo un parallelo tra la crisi attuale e lo shock petrolifero del 1973. Per quanto riguarda il settore energetico, la situazione attuale è determinata da fattori esogeni, non da fattori interni. Il sistema nell’insieme è rimasto molto resiliente nonostante sia stato colpito piuttosto duramente. Tuttavia, le consegne sono continuate, le forniture non sono state interrotte e il sistema è rimasto operativo e affidabile. Tutti dovremmo essere grati a milioni di lavoratori del settore energetico che durante il picco della crisi e del “lockdown” hanno continuato a operare con grande professionalità e dedizione per mantenere il flusso dell’energia, permettendo alla nostra società di fornire servizi essenziali.

Il direttore dell’AIE Fatih Birol ha spiegato come questa crisi abbia evidenziato la profonda dipendenza delle economie moderne da forniture elettriche affidabili. Che tipo di politiche e investimenti dovranno sostenere i governi per guidare il sistema energetico globale verso un futuro sostenibile?

È corretto. La pandemia ha messo in evidenza la profonda dipendenza della società moderna da forniture di elettricità affidabili per sostenere i sistemi sanitari, le imprese e i servizi di base della vita quotidiana. Un chiaro “reminder” dell’importanza dell’energia (e dell’elettricità) per la nostra società. Per un futuro sostenibile non c’è un “proiettile d’argento” o una singola tecnologia che possa “salvare il mondo”. L’energia è una questione complicata e dobbiamo tenere presente tutti i differenti aspetti. L’AIE ha offerto ai governi il Piano di Ripresa Sostenibile focalizzandosi su misure efficaci in termini di costi che coinvolgono sei settori chiave (elettricità, trasporti, industria, edilizia, carburanti e tecnologie emergenti a basse emissioni di carbonio). Misure che, se attuate, potrebbero contemporaneamente stimolare la crescita economica, salvare e creare milioni di posti di lavoro e mantenere il 2019 come il vero picco di emissioni.

L’AIE sostiene inoltre che la possibilità di sviluppare tecnologie dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio non può essere persa. Quale ruolo può svolgere l’idrogeno nella transizione globale verso l’energia pulita? Quali sono le aree in cui verrà maggiormente utilizzato?

L’idrogeno può svolgere un ruolo chiave nella transizione verso l’energia pulita, ma perché questo accada la produzione di idrogeno deve essere a basso tenore di carbonio. Oggi praticamente tutta la produzione di idrogeno è basata sul gas naturale e sul carbone, generando una quantità significativa di emissioni di CO2. Esistono fondamentalmente due opzioni per produrre l’idrogeno a basso tenore di carbonio: “l’idrogeno verde” – dall’elettrolisi che utilizza l’elettricità rinnovabile – e “l’idrogeno blu”, da combustibili fossili le cui emissioni sono catturate e immagazzinate o riutilizzate.


L’idrogeno blu oggi è più economico dell’idrogeno verde, ma dato che i costi delle energie rinnovabili e degli elettrolizzatori continuano a scendere, l’idrogeno verde diventerà più competitivo. A lungo termine, ogni Paese e ogni società sceglieranno tra le due opzioni a seconda di quale sarà la più conveniente nel rispettivo contesto (NdR:a queste si aggiunge una terza opzione, quella dell’idrogeno circolare da rifiuti, proposta da NextChem, di cui parliamo a pagina 18). Alla fine, ciò che conta è che la produzione sia a basse emissioni di carbonio e a prezzi abbordabili e che le applicazioni possano estendersi dall’industria ai trasporti e ad altri settori in cui l’elettrificazione da sola potrebbe non essere sufficiente a risolvere il problema del clima.

Quali sono le altre tecnologie pulite oltre all’idrogeno per ottenere un sistema energetico sostenibile, pulito, sicuro e conveniente? Cosa significa esattamente “Green New Deal planetario”?

Grazie agli sforzi dei governi, delle aziende, dei ricercatori e di altri stakeholders, nel settore energetico sono stati fatti enormi progressi nelle tecnologie pulite. Il solare e l’eolico – incluso l’offshore – hanno registrato un calo considerevole dei costi; i veicoli elettrici, le batterie e lo stoccaggio stanno facendo importanti progressi e, oltre all’idrogeno, c’è uno slancio molto significativo nell’utilizzo e nello stoccaggio della “carbon capture”, la cattura del carbonio. Detto questo, resta un ampio margine per i governi e le imprese di aumentare gli sforzi nel campo dell’innovazione. La spesa in Ricerca e Sviluppo per le tecnologie a bassa emissione di carbonio rimane molto modesta, in particolare se paragonata ad altri settori come l’high technology. Accelerare su questo fronte è cruciale.

L’analisi dell’AIE mostra che quasi la metà delle riduzioni di emissioni necessarie per raggiungere l’obiettivo “net zero” entro il 2050 dovrà arrivare da tecnologie che oggi non sono ancora commercialmente disponibili. Lo slancio politico, il rafforzamento di molte società sul fronte della sostenibilità e i tassi di interesse, notevolmente bassi a seguito del quantitative easing, possono essere un cocktail fantastico per passare finalmente a un orientamento sostenibile.